domenica 19 ottobre 2008

Rassegna stampa: Il Manifesto 18 ottobre.

CORTEI L'abbraccio tra scuola e sindacati di base
30 mila a Milano Una bella lezione
Mariangela Maturi
MILANO


Le 30mila persone in corteo contro la Gelmini e i tagli alla scuola commentano all'unisono: «Erano anni che non si vedeva una manifestazione così». Non è solo una questione di numeri, ma di qualità della partecipazione: quel sorriso di un ragazzo di neanche vent'anni che individua il suo professore nel gruppo di insegnanti, lo insegue e lo saluta con un «bella prof» che più milanese non si può. «Roba mai vista, soprattutto per chi conosce bene il mondo della scuola e sa cosa vuol dire stare ai lati opposti della cattedra», dice un insegnante. Un successo ancora più clamoroso, visto che moltissimi milanesi sono andati ad ingrossare l'enorme corteo romano.
E' successo perché la scuola ha fatto da traino con la sua prorompente eterogeneità impossessandosi anche del corteo indetto dai sindacati di base. In piazza, gli aderenti a Cub e Cobas, come previsto, ma anche moltissimi «ribelli» iscritti e sindacalisti Cgil. Persone che non hanno nessuna intenzione di aspettare il 30 per lo sciopero generale. Piuttosto ne fanno due, e si precipitano in corteo con docenti, studenti, personale tecnico e amministrativo degli istituti di ogni ordine e grado. Persino il gruppo del personale dell'università Statale che aderisce alla Flc Cgil ha aderito in massa, e l'università infatti era mezza chiusa. Come le scuole, che secondo i Cobas nelle grandi città arrivano a punte del 60% di adesione allo sciopero. «Per una volta la piazza ha riunito tutti», commenta Michele Corsi di Rete scuole.
Il colorato serpentone raccoglie tutto il mondo delle scuole primarie: ci sono maestri, bambini e genitori, molti aderenti a Rete scuole e ai gruppi autorganizzati degli istituti. Il loro corteo parte da Missori. A poche centinaia di metri, in un'altra piazza, lo spezzone degli studenti si riunisce alla spicciolata dopo i picchetti davanti alle varie università e scuole superiori. Aprono le danze gli istituti superiori con i sound system stipati sui furgoncini, seguono a ruota i dottorandi assegnisti sotto l'egida «Il futuro è di chi lo ricerca», chiude lo spezzone degli universitari delle varie facoltà e accademie.
All'altezza di porta Romana, i due cortei si incontrano. E lì, il miracolo. Dai due fronti si guardano, si annusano da lontano. I cordoni di polizia che li separano si sciolgono sui lati del corso e fra gli applausi gli studenti si buttano tra le braccia dei loro professori. Che li accolgono, perché stavolta si sentono uniti. La manifestazione adesso è una sola, raddoppia, si mescola, si confonde: il ministro dell'istruzione è riuscita a fare un miracolo. Ovunque ci si giri, il clima è positivo: da una parte un professore guida algido la sua classe scatenata e fa spallucce: «Cosa devo farci, sono ragazzi». Dall'altra un bambino di pochi anni tiene la mano della mamma e quella della maestra. Sulla schiena porta un cartello colorato: «Noi difendiamo Anna e Francesco». E se gli si chiede chi sono, fa una faccia stupita: «I maestri che forse devono andare via». Vai a spiegare, cosa succederà alla scuola. Altro che Anna e Francesco. Al corteo di ieri c'erano anche Lucia, Paolo e Manuela; che quando passano davanti ad una scuola paritaria guardano i loro coetanei affacciati alla finestra e si sgolano a dire «Vieni giù, dai...Cosa fai lì?», mostrando lo striscione «Mariastella fai tu la bidella».
«Un risultato estremamente positivo - dice Luciano Muhlbauer, consigliere regionale Prc - che conferma il trend anti-Gelmini nazionale. Oggi esultiamo, ma bisogna avere molta lungimiranza nel guardare al futuro». Tutto bene, insomma. La scuola si è appropriata di questa giornata e delle strade di Milano. Un giovane cammina con il cartello «Io voglio fare ricerca», alla sua sinistra procede anche la maestra «Non una di meno». Davanti a loro, uno dei tanti iscritti alle scuole primarie, «I bambini migranti sono la nostra ricchezza». C'è anche un fuoriprogramma, quando dal palazzo della Borsa viene srotolato uno striscione con 95 tesi sulla precarietà.
Dopo qualche ora, tutti a casa a piedi, ché non ci sono mezzi. Gli universitari si spostano alla facoltà di Scienze politiche, dove un'assemblea decide per l'occupazione e la «notte bianca» di protesta, in attesa degli «Stati generali» dell'istruzione organizzata per martedì prossimo. Il bello deve ancora venire, lo sanno anche quei due ragazzetti che urlano «Oh prof, ci vediamo domani». E per una volta sono quasi contenti di andare a scuola.

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