giovedì 30 ottobre 2008

Report puntata del 26-10-08

Confederali!!! Questi signori pretendono di rappresentarci.

giovedì 23 ottobre 2008

COMUNICATO STAMPA: NO ALLO STATO DI POLIZIA CONTRO IL CONFLITTO SOCIALE



NO ALLO STATO DI POLIZIA CONTRO IL CONFLITTO SOCIALE

PIENA SOLIDARIETA’ ALLA SCUOLA E ALLE UNIVERSITA’ IN LOTTA


“Si sta affacciando un’emergenza democratica fatta di manganelli, di sgomberi, di provocazioni come quelle attuate al Centro sociale Horus di Roma, di attacco al diritto di sciopero e di manifestazione. Noi siamo dalla parte di chi lotta per non pagare la crisi, per la difesa della scuola e della università pubblica, degli spazi sociali autogestiti. Quella annunciata da Berlusconi è la risposta del governo alla ripresa del conflitto sociale esploso con forza con la straordinaria partecipazione allo sciopero generale e alla manifestazione del 17 ottobre”, questa la dichiarazione di Pierpaolo Leonardi, Coordinatore nazionale CUB, in ordine all’annunciato ricorso alla polizia per riportare l’ordine nelle università.

“Quanto sta accadendo oggi nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro contro il decreto Gelmini e la legge 133 di Brunetta è il miglior sondaggio possibile sul gradimento del governo. Le piazze sono piene, le scuole e le università occupate e i lavoratori lottano contro i tentativi di far pagare loro la crisi; come tutti i governi reazionari anche questo pensa di poter risolvere tutto con i manganelli”, conclude Leonardi.

Roma, 23 ottobre 2008

domenica 19 ottobre 2008

Rassegna stampa: Il Manifesto 18 ottobre.

Sorpresa sociale, sciopero generale
Inatteso, grandissimo, nonostante la pioggia. A Roma oltre 300.000 persone in corteo. I sindacati di base (Cub, Cobas, Sdl) raccolgono un successo importante; ora sono un soggetto con cui la politica - e la sinistra - deve fare i conti. Stracciato il luogo comune del conflitto generazionale
Francesco Piccioni
ROMA


La crisi sta rompendo molti argini, e non solo nelle borse. Lo vedi già uscendo dalla metro, piazza della Repubblica, mezz'ora prima dell'appuntamento per il corteo. La prima impressione è subito potente: lo slargo è già pieno. Per chi sa quanto siano «pigre» le partenze dei cortei romani questo è un segnale. Era successo lo stesso una settimana fa, per la manifestazione dell'11.
E' una folla di ogni età, dai bambini tenuti per mano da mamme o maestre fino ai canuti protagonisti di stagioni lontane. In mezzo i trentenni divorati dalla precarietà, i quarantenni che scrutano l'orizzonte per capire se e quanto reggeranno le aziende in cui lavorano (anche statali, visto l'aria che tira da 15 anni e i pruriti di Brunetta), i cinquantenni che vedono la pensione allontanarsi e immiserirsi. Ma che almeno conservano memoria di altri conflitti, hanno esperienza da trasmettere.
Si parte subito, di modo che dietro possano respirare. I coordinatori delle tre organizzazioni promotrici dello sciopero si godono il primo annuncio di grande successo, portando tutti insieme il piccolo drappo («patto di consultazione permanente») che dà conto del robusto passo avanti unitario che questa giornata rappresenta. Paolo Leonardi (Cub), Fabrizio Tomaselli (Sdl) e Piero Bernocchi (Cobas) sono presto assediati da cronisti e telecamere. Dietro di loro il grande striscione riassuntivo dei temi dello sciopero: «Basta con la distruzione di lavoro, salari, diritto, scuola, servizi pubblici». E' un discorso frutto di una dinamica sociale che ancora non ha incorporato - né poteva farlo prima - la dimensione e le conseguenze sociali della crisi. Ma di questo si comincerà a parlare da domani.
Si va, e un cielo carogna comincia a mandar pioggia. Prima a dirotto, poi intermittente, ma senza mai smettere fin quando l'ultimo cordone di corteo non sarà arrivato a San Giovanni. C'è un attimo di incertezza. Molti - tra lavoratori, studenti e maestre d'asilo - sono in piazza per la prima volta. Poi vedi che le maestrine sono veramente previdenti: in un attimo tirano fuori centinaia di mantelline, coprono al volo i bambi e via a sguazzare sotto l'acqua contro «la strega Gelmina». Viene sommersa dagli applausi una signora che porta un cartello davvero puntuale («Ci pisciano addosso, ma il governo dice che piove»). I più «maturi» e atei inveiscono alla loro maniera, massaggiandosi le giunture doloranti. Ma si va. Ai ragazzi dei licei non sembra fare effetto; saltellano cantando «Bella ciao», come ci fosse il sole. Ai vigili del fuoco, ovviamente, il clima non fa né caldo né freddo.
Da dietro entrano quelli del «Blocco precario metropolitano» che avevano occupato i binari della stazione Termini, offrendo la colazione ai passeggeri preoccupati di perdere il treno (molti, peraltro, erano stati cancellati per lo sciopero). Un ragazzo smentisce chi dice che certe parole non hanno più senso, sbandierando il suo cartello «il nero è di classe». E non parla di moda. Sarà perché i sindacati di base sono apertamente di sinistra, sarà perché è un bel colore, anche questo fiume di gente scorre sotto un manto di bandiere rosse. Fregandosene dei consigli pelosi di chi consiglia di farne a meno. Il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, viene accolto nella prima fila e si fa tutta la strada come gli altri. Altri volti noti dei partiti ora extraparlamentari appaiono già al momento della partenza (Rizzo del Pdci; Musacchio, Sentinelli, Boghetta del Prc; Marco Ferrando, Gigi Malabarba e molti altri di Sinistra critica). Inutile cercare l'ombra del Pd.
Ma la piazza è di chi lavora, oggi. In una macchia gialla si presentano invece i dipendenti di Ikea. Si spiegano con la stessa sintetica rapidità con cui sono costretti a lavorare: «Subiamo ricatti continui, a decine sono assunti tramite agenzie interinali con contratti a due giorni; poi abbiamo stagisti dalla Regione, formazione zero e otto ore di lavoro; una marea di contratti a tempo rinnovati da anni; alle cassiere viene vietato di partecipare alle assemblee sindacali, chi è iscritto a qualche sindacato viene comandato per turni spezzati, in orari assurdi, per massacrarti la vita». Uno ricorda che «il fondatore di Ikea, era uno svedese collaborazionista dei nazisti; l'imprinting deve essere rimasto anche nei successori».
Nella i scuola i Cobas hanno il loro regno, ora molto rivitalizzato. Striscioni e bandiere sono davvero tanti, e si vede anche che in diverse utility (Telecom), servizi, fabbriche, questa presenza si è ormai consolidata. Imponente lo spezzone Cub, con una presenza massiccia del pubblico impiego (dall'Inps all'agenzia delle entrate, passando per praticamente tutti i ministeri e un profluvio di enti locali) e nei trasporti locali. Applausi per le centraliniste precarie di Legnano, diventate famose per una strip conference e invitate ad Anno zero solo la sera prima (ma sono ancora fuori dal lavoro). Anche l'Sdl ha ormai una presenza diversificata, ma il blocco dei dipendenti Alitalia non può certo passare inosservato, con tutti quegli steward e hostess in divisa, impeccabili, di fianco a ragazzotti coi dreadlocks.
E' un fatto sociale e politico enorme. Se così tanta gente si prende così tanta acqua con così tanta allegria, vuol dire che sotto c'è sostanza e ragioni vere. Senza l'acqua sarebbero stati certo più degli oltre 300.000 che tutti gli riconoscono (ma la cifra di 500.000 non sembrerebbe un'esagerazione), ma proprio le avversità meteo ingigantiscono la forza di questa prova. Gli stessi organizzatori non si attendevano un successo simile, anche se erano certi di una partecipazione molto più alta del solito. Molta di questa gente non è iscritta a questi sindacati, magari ha in tasca la tessera della Cgil. Un infermiere lo spiega con molta chiarezza: «non ne possiamo più e non vediamo una lira, era semplicemente ora di muoversi». O anche uno slogan che riscuote subito successo: «se qualcosa volete cambiare, dai vostri stipendi dovete cominciare».
Questo corteo ammazza parecchi luoghi comuni, nessuno innocente. Il principale è quello del «conflitto generazionale», dei giovani a basso salario e precari perché i vecchi sarebbero «troppo garantiti». Quei tanti volti di ultraquarantenni certificano che la precarietà è una condizione universale pervasiva; e che la riduzione di diritti e salari per chi sta un po' meglio (assunzione a tempo indeterminato e un salario garantito da un contratto nazionale, nulla di più) non comporta affatto un miglioramento per chi chi sta peggio. Anzi, i precari sono ulteriormente danneggiati (basta guardare a quel che vuol fare Brunetta nel pubblico impiego). Il secondo luogo comune spazzato via riguarda l'universo valoriale: cos'è «nuovo» o «vecchio», nel bel mezzo della crisi?
Da oggi c'è un nuovo soggetto sindacale e sociale con cui fare i conti. Lo sanno per primi i sindacati di base, fin qui frammentati e prigionieri di una condizione di minorità che ha sedimentato dei decenni anche un'attitudine minoritaria. C'è un salto di paradigma da fare, ma alcune premesse - il radicamento sociale - cominciano ad esserci.

Rassegna stampa: Il Manifesto 18 ottobre.

CORTEI L'abbraccio tra scuola e sindacati di base
30 mila a Milano Una bella lezione
Mariangela Maturi
MILANO


Le 30mila persone in corteo contro la Gelmini e i tagli alla scuola commentano all'unisono: «Erano anni che non si vedeva una manifestazione così». Non è solo una questione di numeri, ma di qualità della partecipazione: quel sorriso di un ragazzo di neanche vent'anni che individua il suo professore nel gruppo di insegnanti, lo insegue e lo saluta con un «bella prof» che più milanese non si può. «Roba mai vista, soprattutto per chi conosce bene il mondo della scuola e sa cosa vuol dire stare ai lati opposti della cattedra», dice un insegnante. Un successo ancora più clamoroso, visto che moltissimi milanesi sono andati ad ingrossare l'enorme corteo romano.
E' successo perché la scuola ha fatto da traino con la sua prorompente eterogeneità impossessandosi anche del corteo indetto dai sindacati di base. In piazza, gli aderenti a Cub e Cobas, come previsto, ma anche moltissimi «ribelli» iscritti e sindacalisti Cgil. Persone che non hanno nessuna intenzione di aspettare il 30 per lo sciopero generale. Piuttosto ne fanno due, e si precipitano in corteo con docenti, studenti, personale tecnico e amministrativo degli istituti di ogni ordine e grado. Persino il gruppo del personale dell'università Statale che aderisce alla Flc Cgil ha aderito in massa, e l'università infatti era mezza chiusa. Come le scuole, che secondo i Cobas nelle grandi città arrivano a punte del 60% di adesione allo sciopero. «Per una volta la piazza ha riunito tutti», commenta Michele Corsi di Rete scuole.
Il colorato serpentone raccoglie tutto il mondo delle scuole primarie: ci sono maestri, bambini e genitori, molti aderenti a Rete scuole e ai gruppi autorganizzati degli istituti. Il loro corteo parte da Missori. A poche centinaia di metri, in un'altra piazza, lo spezzone degli studenti si riunisce alla spicciolata dopo i picchetti davanti alle varie università e scuole superiori. Aprono le danze gli istituti superiori con i sound system stipati sui furgoncini, seguono a ruota i dottorandi assegnisti sotto l'egida «Il futuro è di chi lo ricerca», chiude lo spezzone degli universitari delle varie facoltà e accademie.
All'altezza di porta Romana, i due cortei si incontrano. E lì, il miracolo. Dai due fronti si guardano, si annusano da lontano. I cordoni di polizia che li separano si sciolgono sui lati del corso e fra gli applausi gli studenti si buttano tra le braccia dei loro professori. Che li accolgono, perché stavolta si sentono uniti. La manifestazione adesso è una sola, raddoppia, si mescola, si confonde: il ministro dell'istruzione è riuscita a fare un miracolo. Ovunque ci si giri, il clima è positivo: da una parte un professore guida algido la sua classe scatenata e fa spallucce: «Cosa devo farci, sono ragazzi». Dall'altra un bambino di pochi anni tiene la mano della mamma e quella della maestra. Sulla schiena porta un cartello colorato: «Noi difendiamo Anna e Francesco». E se gli si chiede chi sono, fa una faccia stupita: «I maestri che forse devono andare via». Vai a spiegare, cosa succederà alla scuola. Altro che Anna e Francesco. Al corteo di ieri c'erano anche Lucia, Paolo e Manuela; che quando passano davanti ad una scuola paritaria guardano i loro coetanei affacciati alla finestra e si sgolano a dire «Vieni giù, dai...Cosa fai lì?», mostrando lo striscione «Mariastella fai tu la bidella».
«Un risultato estremamente positivo - dice Luciano Muhlbauer, consigliere regionale Prc - che conferma il trend anti-Gelmini nazionale. Oggi esultiamo, ma bisogna avere molta lungimiranza nel guardare al futuro». Tutto bene, insomma. La scuola si è appropriata di questa giornata e delle strade di Milano. Un giovane cammina con il cartello «Io voglio fare ricerca», alla sua sinistra procede anche la maestra «Non una di meno». Davanti a loro, uno dei tanti iscritti alle scuole primarie, «I bambini migranti sono la nostra ricchezza». C'è anche un fuoriprogramma, quando dal palazzo della Borsa viene srotolato uno striscione con 95 tesi sulla precarietà.
Dopo qualche ora, tutti a casa a piedi, ché non ci sono mezzi. Gli universitari si spostano alla facoltà di Scienze politiche, dove un'assemblea decide per l'occupazione e la «notte bianca» di protesta, in attesa degli «Stati generali» dell'istruzione organizzata per martedì prossimo. Il bello deve ancora venire, lo sanno anche quei due ragazzetti che urlano «Oh prof, ci vediamo domani». E per una volta sono quasi contenti di andare a scuola.

venerdì 17 ottobre 2008

giovedì 16 ottobre 2008

Rassegna stampa: Il Manifesto 15 ottobre.

SCIOPERO GENERALE

«Il 17 in piazza un blocco sociale che paga le politiche di Berlusconi»

Intervista a Leonardi, coordinatore della Rdb-Cub. «Sacconi vuole impedire il conflitto per legge, mentre si licenzia»
Fr. Pi.


Paolo Leonardi è coordinatore nazionale della Rdb-Cub, che come confederazione la proclamato lo sciopero generale del 17 ottobre, insieme a Cobas e Sdl. «E' la prima uscita ufficiale - spiega - del patto di consultazione permanente tra le tre organizzazioni; a differenza del passato, stavolta è stato costruito unitariamente tutto il percorso che ha portato allo sciopero: l'assemblea del 18 maggio, la costruzione della piattaforma comune e quindi lo sciopero generale».
Quali sono i settori più importanti, per voi?
Noi riuniamo soprattutto scuola, pubblico impiego e precari; saranno la spina dorsale dello sciopero e della manifestazione. Sono i tre soggetti che più stanno subendo l'offensiva del governo, pagando i costi della riorganizzazione produttiva della pubblica amministrazione (P.A.) messa in campo da Berlusconi. Saranno presenti anche industria, commercio, trasporti, ecc.
Com'è la situazione dei precari?
E' molto molto brutta perché il decreto ammazza-precari prova a scrivere la parola fine su un'esperienza che ha visto centinaia di migliaia di giovani e meno giovani transitare per la P.A., venir formati, dare un contributo straordinario alla tenuta degli uffici pubblici. Alcuni uffici sono tenuti aperti soltanto da personale precario; e il decreto Brunetta rischia davvero di mettere in crisi la funzione della P.A.. Lì si gioca pure la partita sull'idea che ne ha questo governo, perché non solo attacca i salari e le condizioni di lavoro dei pubblici dipendenti a tempo indeterminato, ma impedisce la stabilizzazone dei precari. Vuol dire che la loro ipotesi è di rendere assolutamente inefficace la P.A. per poi poter procedere rapidamente alla privatizzazione totale di qualsiasi servizio pubblico redditizio.
Sacconi presenta un ddl di riforma del diritto di sciopero nei servizi pubblici.
Sacconi fa due operazioni. La prima è rendere definitivamente impossibile scioperare; già ora i vincoli posti dalla normativa lo rendono difficile,se non attraverso una serie di alchimie complicatissime. La seconda predetermina una condizione di alleggerimento del conflitto in una fase in cui la crisi economica e finanziaria verrà ovviamente scaricata sui lavoratori e sui ceti popolari; perciò si prova sin d'ora a impedire qualsiasi forma di conflitto che possa essere una risposta a questo attacco. Quindi fa due cose: da una parte tranquillizza i padroni sul conflitto, dall'altra - di fronte a crisi economica, modificazione strutturale della P.A., privatizzazioni, esclusione dei precari - cerca di togliere ogni strumento conflittuale vero, in grado di spostare sul fattore lavoro la forza contrattuale. Il soggetto più debole, nel confronto tra lavoro e capitale, viene pure depotenziato definitivamente nell'unico strumento che ha: lo sciopero.
Il 17 saranno in piazza con voi anche gli studenti medi e universitari...
C'è un blocco sociale in sofferenza, composto dai mondi del lavoro, della scuola, dei cittadini che vivono con grande apprensione le ricadute delle scelte di Brunetta, Gelmini, Sacconi; e stanno confluendo sullo sciopero generale del 17, l'unico che abbia una piattaforma compiuta su questi terreni. E anche l'unico finora proclamato e in preparazione. Noi ci aspettiamo una grandissima manifestazione. Tutto ci dice che nei trasporti, nella P.A., nella scuola, in molte aziende, in molti supermercati e ipermercati, ci sarà il blocco totale della produzione. Crediamo che questo sia l'avvio di una fase nuova anche sul terreno della rappresentanza sindacale, che non potrà più essere essere riservata solo a Cgil, Cisl, Uil; e a una Ugl tirata fuori dal cappello perché utile ai «giochetti» sulla rappresentanza.

martedì 7 ottobre 2008


CHIARIMENTI IN MERITO AI
TRASFERIMENTI da S. S. GIOVANNI a LORENTEGGIO





Le voci di un possibile trasferimento della sede di S.S.Giovanni a Lorenteggio, ci sono dal giorno dopo l’acquisizione di Infostrada.

In questi ultimi tempi però, dopo il trasferimento di alcuni colleghi da Lorenteggio a Roma, l’eventualità di un probabile trasferimento si è fatta sempre più insistente, e la scoperta del mancato rinnovo alla ditta che effettua la manutenzione e le pulizie degli uffici di Sesto, aveva contribuito a far credere a tutti noi che questa volta non sarebbero rimaste solo voci di corridoio.

In data 07/10/08 è stato chiesto ufficialmente all’azienda di confermare o meno la presenza di un piano per chiudere la sede di S.S.Giovanni, la risposta ufficiale è stata:
Al momento l’azienda NON prevede nessun trasferimento.
Il mancato rinnovo del contratto verso l’attuale impresa è avvenuto solo ed esclusivamente per scelte economiche e qualitative, la manutenzione e la pulizia dello stabile di viale Edison passerà alla stessa società che attualmente gestisce la sede di Lorenteggio.
L’azienda non si è sbilanciata però, a garantire il non trasferimento a lungo termine.

Memori dei trasferimenti avvenuti in passato, è stato ribadito all’azienda di tenere in forte considerazione, il disagio che un eventuale trasferimento comporterebbe ai lavoratori di Sesto.




Milano, 07 ottobre 2008



Le RSU di S.S.Giovanni
Ferro Denis
Marcolini Marco